Cinque le specie di anfibi anuri (privi di coda) rinvenibili in Riserva. Comunissima e facile da incontrare è la Rana verde (Rana kl. esculenta) che popola i chiari della palude, dove vive e si riproduce, e le ampie fasce prative attigue.
E’ la rana maggiormente legata all’acqua, attiva tanto di giorno quanto nelle ore notturne. La si può incontrare da marzo ad ottobre: con la stagione fredda le rane verdi entrano infatti nella “diapausa” invernale (uno stato simile al letargo), periodo che trascorrono sul fondo degli stagni immerse nel fango. In estate la Palude risuona del prolungato gracidare dei maschi, reso possibile dai sacchi vocali laterali non presenti invece nelle femmine.
Comuni, anche se presenti in numero inferiore, sono le “rane rosse”, anfibi che contrariamente alle rane verdi conducono una vita meno acquatica. Prediligendo come habitat boschi ed incolti nella cui fitta lettiera riescono abilmente a mimetizzarsi grazie alla colorazione marroncina della pelle, da cui il nome.
Tra queste spicca la presenza della Rana di Lataste (Rana latastei), specie rara e minacciata e per questo iscritta nell’Allegato II della Direttiva “Habitat” 43/92/CEE. E’ un endemismo della Pianura Padano-veneta legata ai boschi planiziali, sia quelli umidi di Ontano nero (le cosiddette “alnete”) sia i querco-carpineti.
La Rana di Lataste si differenzia esternamente dalla più comune Rana agile (Rana dalmatina) per soli due piccoli particolari, ovvero dalla lunghezza della linea bianca sotto l’occhio, più lunga in quest’ultima, e dalla colorazione più scura della gola nella Rana di Lataste, talvolta caratterizzata anche da una “croce” più chiara.
La riproduzione delle rane rosse è precoce rispetto a quella delle rane verdi, collocandosi tra febbraio e marzo. I maschi, contrariamente alle rane verdi, cantano sott’acqua, fatto che rende possibile ascoltarlo solo tramite appositi idrofoni.
Molto più piccola è la Raganella italiana (Hyla intermedia), lunga al massimo 5 cm circa e dalla colorazione verde brillante. La Raganella conduce una vita soprattutto arboricola, facilitata dalle piccole ventose presenti al termine delle dita che migliorano la presa ai rami degli arbusti sui quali si sposta. Inconfondibile è il richiamo, simile ad un “cra-cra-cra” sonoro e ripetuto, che ne tradisce ovunque la presenza. Più complicata è invece l’osservazione, sia per le dimensioni e le doti mimetiche che per le abitudini crepuscolari e notturne della specie.
Anche il Rospo comune (Bufo bufo) frequenta la Palude Brabbia, soprattutto durante il periodo riproduttivo (collocato nella seconda metà di marzo), durante il quale scende dalle vicine colline per deporre le uova nei chiari della Riserva. Uova e girini di rospo sono tossici, il che li protegge dalla predazione dei pesci. Anche l’adulto in caso di pericolo può emettere una sostanza velenosa secernendola dalle grosse ghiandole poste dietro gli occhi.
In primavera un ottimo luogo dove poter osservare rane verdi e raganelle sono gli stagni didattici, posti vicino all’ingresso dell’Oasi. Appena superato il piccolo fosso è facile ascoltare numerosissimi “pluf!” delle rane verdi che trovano immediato rifugio in acqua tuffandosi dal bordo degli stagni dove sono solite scaldarsi al sole. Gli arbusti che circondano gli stagni sono un habitat ideale anche per le raganelle, ed è infatti frequente poter ascoltare il loro inconfondibile gracidio.
Il periodo migliore per osservare rane verdi e rane rosse è l’autunno, quando i piccoli anfibi si disperdono per i prati della Riserva attraversando i sentieri proprio sotto i nostri passi… con un po’ di attenzione le noterete saltellare poco lontano da voi!
Gli anfibi urodeli (muniti di coda) sono presenti nella Riserva con due specie, il Tritone crestato italiano (Triturus carnifex) ed il Tritone punteggiato (Triturus vulgaris).
Si tratta di animali simili a salamandre, ma a differenza di queste dotate di una coda appiattita in senso longitudinale per facilitare la propulsione in acqua. Lunghi circa 10 cm (Tritone punteggiato) o 16 cm (Tritone crestato), quest’ultimo deve in particolare il suo nome alla caratteristica “cresta” che i maschi assumono durante la stagione riproduttiva.
I tritoni rimangono in acqua fino a maggio-giugno; in seguito trascorrono un periodo di latenza estiva a terra, andando a rifugiarsi in tronchi cavi, tane di micromammiferi o formicai abbandonati, ed eventualmente tornare in acqua in coincidenza delle piogge autunnali. Gli habitat riproduttivi vanno dai grandi stagni (soprattutto il Tritone crestato) a piccole pozze d’acqua temporanea, anche di origine antropica, come fossi o canali.
In generale le paludi non rappresentano di per se un habitat ideale per i rettili a causa dell’elevata umidità, temperature mediamente più rigide in inverno e scarsità di siti di termoregolazione.
Ciò nonostante la Palude Brabbia ospita comunque alcune specie che trovano invece proprio nelle zone umide un ambiente idoneo.
Tra queste spicca la presenza della Lucertola vivipara (Zootoca vivipara), “relitto” del periodo glaciale che in Riserva trova una delle pochissime stazioni italiane di pianura. E’ uno dei rettili terrestri con l’areale più vasto al mondo, essendo presente dalla Spagna, fino al Giappone.
Contrariamente a gran parte dei rettili predilige habitat freschi ed umidi, ragione che in Italia colloca
la Lucertola vivipara sulle Alpi (fino ad oltre 2.500 m di quota), e che la spinge altrove a varcare il Circolo polare artico. La rigidità climatica dell’ambiente in cui vive ha portato la specie a sviluppare una modalità riproduttiva ovovivipara (non depone cioè le uova, ma partorisce piccoli già formati), da cui il nome. La popolazione residente in Palude Brabbia appartiene ad una sottospecie, di recente scoperta, che invece depone le uova!
Tra i sauri da segnalare la presenza dell’Orbettino (Anguis fragilis), timido rettile privo di zampe difficile da osservare per la sua abitudine a nascondersi nella lettiera e nei tronchi marcescenti, del Ramarro occidentale (Lacerta bilineata), abitante dei boschi, e della comune Lucertola muraiola (Podarcis muralis).
Tra i serpenti sono invece le natrici, colubri dalle spiccate abitudini acquatiche, le più assidue frequentatrici della Riserva. La Natrice dal collare (Natrix natrix) è sicuramente la più comune: i giovani trascorrono gran parte del tempo in pozze e stagni, dove nuotano abilmente cacciando piccoli anfibi ed avannotti, mentre gli adulti tendono progressivamente ad affrancarsi dall’acqua frequentando anche ambienti boschivi, prati e zone rocciose. Il nome della specie deriva dalla caratteristica colorazione gialla e nera ben evidente dietro alla testa, più marcata nei giovani. Più spiccatamente acquatica è la Natrice tassellata (Natrix tessellata), tuttavia rara in Palude Brabbia. Come la sua “cugina” dal collare, può all’occorrenza fingersi morta per dissuadere un potenziale predatore, comportamento noto come “tanatosi”.
Comune è il Biacco (Hierophis viridiflavus), grosso e rapido serpente noto localmente col nome di “milorda” o “bilorda”. Nero, spesso screziato di bianco, il Biacco predilige luoghi assolati ed aridi, essendo pur tuttavia rinvenibile in una grande varietà di ambienti, anche antropizzati, come campi, parchi, e margini delle strade. Meno frequente in Riserva è il Saettone comune (Zamenis longissimus), chiamato anche Serpente d’Esculapio, poiché anticamente ritenuto rappresentazione del dio della medicina; in Lombardia è invece noto come “ratéra” per la sua dieta a base di piccoli roditori. Raro il Colubro liscio (Coronella austriaca), specie più termofila.
A cura di A.Martinoli